Dai Monti Sicani alle Alpi
Da buon Judè al Nord, appena mi è stato detto che era stata presa questa iniziativa ho subito pensato di aderire e di rendere partecipe i miei paesani di come si vive lontano dalla terra natia, specie in questo periodo.
Penso che non ci sia bisogno di lunghe presentazioni in quanto la maggior parte di voi mi conosce già e di Genovese a Bivona siamo proprio in pochi. Mi chiamo Salvatore Genovese ho 27 anni e vivo e lavoro in provincia di Torino da circa cinque anni. Sono partito da Bivona con la macchina piena di conserve, qualche cassetta di pesche (perché era Agosto), le tasche quasi vuote ma con la valigia piena di sogni. L'unica certezza era che lasciavo la mia famiglia, gli amici e la terra in cui sono nato e cresciuto.
Vi assicuro che, seppur la Sicilia non permette a tutti di vivere dignitosamente, è sempre la tua terra. Lasciavo il mio porto sicuro. A dire il vero fin da subito mi sono integrato ma questo non significa che non ho avuto difficoltà, principalmente a cucinare e pi stirari du robbi. Lasciavo Montagna delle Rose e trovavo il Monviso, lasciavo il Magazzolo e trovavo il Po, lasciavo la Madrice di Bivona e trovavo la Gran Madre, lasciavo Piazza San Giovanni e trovavo Piazza Vittorio Veneto, la piazza con portici più grande d'Europa, e così via. Qui a Torino è tutto più grande.
Mi ero staccato dal mio scoglio per navigare in un mare di cose nuove. Fortunatamente anch'io come tanti altri ragazzi della nostra Bivona abbiamo provato quest'esigenza, e siamo riusciti a crearci un futuro migliore. Vi garantisco però che nessuno regala niente a nessuno ma se si ha voglia di fare e di crescere professionalmente, al Nord di sicuro nessuno ti "metterà il bastone tra le ruote".
In questi anni di lavoro ne ho viste tante di cose, alcune belle altre brutte, ma tutto fa parte del gioco e di sicuro ogni avvenimento e ogni persona con cui ho avuto modo di interagire mi ha lasciato un segno e fatto crescere sia umanamente che professionalmente.
Il tipico Piemontese (anche se è difficile da trovare) è una persona alquanto strana: poca confidenza, riservato e se ti offre il caffè è solo perché il giorno prima alla macchinetta glielo hai offerto tu e, quindi, deve "rendertelo". Se per sfortuna si rompe la tua macchina e tu chiedi un passaggio per andare a lavoro, loro si fanno pagare la benzina anche se la tua casa è nel loro tragitto casa-lavoro. Meno male che non tutti sono così. Tutt'altra storia in Sicilia. Lì quando stai per entrare al bar hai già il caffè pagato dal un tuo paesano che ti ha visto tornare e ha il piacere di offrirtelo.
Di cose strane ne ho viste veramente tante, specie nell'ambiente in cui lavoro e dove passo gran parte della mia giornata. D'altronde con circa 1200 colleghi (di cui della maggior parte non sai nemmeno il nome) vuoi non vedere qualcosa di anomalo??? Fra le tante cose che mi potevo immaginare di sicuro non c'era quella che mi è successa qualche venerdì fa sul turno di lavoro. Mi arriva una chiamata sul cellulare dal mio superiore dicendomi di recarmi il prima possibile nel suo ufficio. Tempestivamente l'ho raggiunto, non ho fatto in tempo a sedermi e mi ha riferito che c'era in corso un'evacuazione graduale dello stabilimento in quanto alcuni colleghi di lavoro erano risultati positivi al Covid19 e si dovevano sanificare gli ambienti. Torno nel mio reparto di appartenenza e avviso i colleghi di quello che stava accadendo all'interno dello stabilimento. Vi lascio immaginare la paura che si è scatenata! Tutti mi facevano domande, tutti volevano sapere cosa stava succedendo e perché così tanta fretta di abbandonare il prima possibile il posto di lavoro; forse per un attimo mi si è davvero gelato il sangue. Le indicazioni aziendali erano quelle di tornare il martedì successivo per riprendere la produzione: a distanza di un mese siamo ancora in cassa integrazione.
Vivere al Nord già non è semplice, ma lo è ancora meno in questo periodo. Nonostante io non viva nelle zone più colpite della pandemia, vi posso garantire che si perde il conto delle ambulanze che passano sotto casa mia a qualsiasi ora della giornata, con molti ospedali della zona convertiti interamente a "Covid Hospital".
Come si fa a fare stare tranquilli i nostri genitori quando hanno uno o più figli a qualche migliaio di km da casa? Di certo non è così semplice, specie per chi ha dei figli impegnati in prima linea contro la lotta a questo dannato male e di Bivonesi ce ne sono diversi.
Sapete, sembrerà strano, ma mi sono creato una routine quotidiana in questi giorni di reclusione forzata: ogni mattina la prima chiamata, dopo la mamma naturalmente, la faccio a Davide, un amico fraterno, anche lui bivonese ma bresciano di adozione, che vive nella zona rossa, dove ogni giorno purtroppo sentiamo le notizie più brutte. Il nostro ormai è un appuntamento fisso: si parla del più e del meno ma solo per nascondere la paura che abbiamo addosso. Sembra quasi che quello che stiamo passando è ormai la normalità.
Sono in contatto anche con Giuseppe, altro Bivonese impegnato in prima linea negli ospedali. Lui fa l'infermiere e colgo proprio questa occasione per ringraziare sia lui che tutti i Bivonesi (e non) impegnati in prima linea.
Sarà il periodo più assurdo mai vissuto, ma quando sento un amico paesano la risata ci scappa sempre, con l'augurio di vederci il prima possibile a li cannulicchia.
Anche se non sono impegnato in prima linea, credo di aver dato anch'io un contributo alla nostra Bivona, rimanendo al Nord nonostante ero già a casa prima del blocco totale. Ho deciso di rimanere perché gli ospedali della mia regione non sono pronti a sopportare e supportare un'epidemia di questa entità. Mi sarebbe piaciuto trascorrere questi giorni che sto vivendo solo insieme alla mia famiglia a casa mia, ma purtroppo rimanere era la giusta scelta da fare. E vi assicuro che mi è costato tanto ma dovevo farlo.
Bivona manca sempre, non posso negarlo, e anche se manchi ormai da anni dalla tua terra, qualsiasi occasione è buona per tornare. Il sole che splende ogni mese dell'anno, il cibo e i sapori, l'aria, il mare li ha un altro sapore: Sapore di casa!
Oggi siamo tutti protagonisti di una storia che non vorremmo raccontare ma si sa che dopo la tempesta splende sempre il sole e sicuramente finito tutto torneremo nel nostro paesello, torneremo a gioire, a riempire le nostre piazze, a fare lì mangiati cu l'amici, torneremo a lamentarci di lu casdu, torneremo a fare na scappata n'campagna pi nni manciari un beddro persico cugliuto frisco frisco di lu pedi, torneremo a fari nuttati a la villa assittati nni li scaluna.
Non si sa come ma torneremo. Torneremo diversi, forse migliori, consapevoli che certe esperienze ti cambiano la vita. Ma soprattutto torneremo a casa, a Bivona.
Di cose strane ne ho viste veramente tante, specie nell'ambiente in cui lavoro e dove passo gran parte della mia giornata. D'altronde con circa 1200 colleghi (di cui della maggior parte non sai nemmeno il nome) vuoi non vedere qualcosa di anomalo??? Fra le tante cose che mi potevo immaginare di sicuro non c'era quella che mi è successa qualche venerdì fa sul turno di lavoro. Mi arriva una chiamata sul cellulare dal mio superiore dicendomi di recarmi il prima possibile nel suo ufficio. Tempestivamente l'ho raggiunto, non ho fatto in tempo a sedermi e mi ha riferito che c'era in corso un'evacuazione graduale dello stabilimento in quanto alcuni colleghi di lavoro erano risultati positivi al Covid19 e si dovevano sanificare gli ambienti. Torno nel mio reparto di appartenenza e avviso i colleghi di quello che stava accadendo all'interno dello stabilimento. Vi lascio immaginare la paura che si è scatenata! Tutti mi facevano domande, tutti volevano sapere cosa stava succedendo e perché così tanta fretta di abbandonare il prima possibile il posto di lavoro; forse per un attimo mi si è davvero gelato il sangue. Le indicazioni aziendali erano quelle di tornare il martedì successivo per riprendere la produzione: a distanza di un mese siamo ancora in cassa integrazione.
Vivere al Nord già non è semplice, ma lo è ancora meno in questo periodo. Nonostante io non viva nelle zone più colpite della pandemia, vi posso garantire che si perde il conto delle ambulanze che passano sotto casa mia a qualsiasi ora della giornata, con molti ospedali della zona convertiti interamente a "Covid Hospital".
Come si fa a fare stare tranquilli i nostri genitori quando hanno uno o più figli a qualche migliaio di km da casa? Di certo non è così semplice, specie per chi ha dei figli impegnati in prima linea contro la lotta a questo dannato male e di Bivonesi ce ne sono diversi.
Sapete, sembrerà strano, ma mi sono creato una routine quotidiana in questi giorni di reclusione forzata: ogni mattina la prima chiamata, dopo la mamma naturalmente, la faccio a Davide, un amico fraterno, anche lui bivonese ma bresciano di adozione, che vive nella zona rossa, dove ogni giorno purtroppo sentiamo le notizie più brutte. Il nostro ormai è un appuntamento fisso: si parla del più e del meno ma solo per nascondere la paura che abbiamo addosso. Sembra quasi che quello che stiamo passando è ormai la normalità.
Sono in contatto anche con Giuseppe, altro Bivonese impegnato in prima linea negli ospedali. Lui fa l'infermiere e colgo proprio questa occasione per ringraziare sia lui che tutti i Bivonesi (e non) impegnati in prima linea.
Sarà il periodo più assurdo mai vissuto, ma quando sento un amico paesano la risata ci scappa sempre, con l'augurio di vederci il prima possibile a li cannulicchia.
Anche se non sono impegnato in prima linea, credo di aver dato anch'io un contributo alla nostra Bivona, rimanendo al Nord nonostante ero già a casa prima del blocco totale. Ho deciso di rimanere perché gli ospedali della mia regione non sono pronti a sopportare e supportare un'epidemia di questa entità. Mi sarebbe piaciuto trascorrere questi giorni che sto vivendo solo insieme alla mia famiglia a casa mia, ma purtroppo rimanere era la giusta scelta da fare. E vi assicuro che mi è costato tanto ma dovevo farlo.
Bivona manca sempre, non posso negarlo, e anche se manchi ormai da anni dalla tua terra, qualsiasi occasione è buona per tornare. Il sole che splende ogni mese dell'anno, il cibo e i sapori, l'aria, il mare li ha un altro sapore: Sapore di casa!
Oggi siamo tutti protagonisti di una storia che non vorremmo raccontare ma si sa che dopo la tempesta splende sempre il sole e sicuramente finito tutto torneremo nel nostro paesello, torneremo a gioire, a riempire le nostre piazze, a fare lì mangiati cu l'amici, torneremo a lamentarci di lu casdu, torneremo a fare na scappata n'campagna pi nni manciari un beddro persico cugliuto frisco frisco di lu pedi, torneremo a fari nuttati a la villa assittati nni li scaluna.
Non si sa come ma torneremo. Torneremo diversi, forse migliori, consapevoli che certe esperienze ti cambiano la vita. Ma soprattutto torneremo a casa, a Bivona.
Vi abbraccio
Salvatore Genovese
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