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Nun Semmu Tutti Judè

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Un inno alla partecipazione e alla collaborazione. Un inno alla risata, all'allegria e al non prendersi troppo sul serio. Un inno che invita a non generalizzare. Un inno che tormenta. Un tormentone che inna 😅  “Nun semmu tutti Judè” esprime la voglia di comunità in un'esplosione di estro e ilarità. Un esempio del bello che si può creare quando ci si associa in un gruppo coeso e creativo. L'inno della Bivonesitudine. L'inno dei Bivonesi. #NSTJ #BivonaUnited Testo: Cu squaglia acquazzina Cu aspetta a piscina Cu scarta fioroniiii , cu cogli cicoria Cu pi l'elezioni ... ha scarsa memoria Cu licca briosci Cu ioca a li bocci Cu voli lu giummu Cu è misu a l'agnuni Cu avi lu immu Cu scusi u stratuni  c'è Cu ti talìa Cu sta a la Batia Cu si batti lu pettu Cu feti di beccu  Na na na na na na na na na na nun semmu tutti Judè nun semmu tutti Judè Cu sogna i milioni, Cu gratta e li vinci Cu cogli l'alivi Cu mmeci nun n'avi Cu fa lu iardinu C

Il mio Paese tra le rime

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Bivona Sorgi su una splendida collina, alle falde di montagne e di un’altura, dove sgorga acqua spumeggiante e pura che l’anima e la mente rasserena. T’accarezza la brezza mattutina. I monti intorno ti fan da corona, i tuoi giardini sono la tua chioma. Ti corteggiano i raggi della luna, l’aria dei tuoi fiori si profuma. All’orizzonte risplende un luminoso sole d’oro che l’erbe brucia, duro fa il terreno e i tuoi tramonti fa rossi di fuoco. Sei un caro piccol bel paese che fai sentire ben le tue pretese. Con le tue strade e le tue chiese, con le tue piazze e le tue modernità e il tuo moderno e antico teatro con la sua strana e torbida fontana sempre così piena d’acqua malsana, è un’offesa al paese e alla bandiera italiana. E i bivonesi, persone intelligenti passano, guardano, ammirano e fan gli indifferenti.  Guggino Rosaria

I Sapori

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I sapori di Bivona, sono nelle piazze, negli angoli più nascosti, quelli dimenticati. L’ emblema di Bivona, la piazza che forse meglio la rappresenta, è Piazza San Giovanni, meglio conosciuta come " Il piano ". Lì, ogni sua pietra è un libro di storia, ogni pietra ha un passato e un presente. Il bello di questa piazza è la sua poliedricità , praticamente va bene per tutto. Ogni anno sul selciato del piano migliaia di persone intessono storie , romantiche, piene di passione o anche, semplicemente, storie di vita comune.  Il risveglio del piano si comincia ad avere verso maggio: gli alberi in fiore delle vicine piazze inondano questa distesa di pietra bianca, i bambini liberati dalle catene invernali vengono finalmente lasciati liberi di esprimere al meglio il loro estro, così si vedono loro sfoggiare le biciclette tanto desiderate durante il lungo inverno, gli overboard e gli immancabili Super Santos. Alcune mamme ancora, forse timorose di lasciar da soli i loro piccoli

Racconto

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Buonasera a tutti, prima di iniziare il racconto che mi lega a Bivona , mi presento perch é in molti non mi conoscono.  Sono Veneranda e ormai da pi ù di 30 anni vivo al Nord,  precisamente tra la provincia di Pavia e quella di Milano. S ono la   niputi di chiddu di li bombuli, lu zu Pippineddru Cosenza . Da pi ù di 15 anni sono un’ ostetrica , lavoro in un ospedale di Milano e   facennu nasciri   addrevi ogni jornu   il caro Covid non mi ha lasciata in quarantena, ma, anzi pi ù che mai in corsia, precisamente nelle sale parto con indosso tutti i dispositivi di protezione. Il pensiero di Bivona e della mia bivonesitudine non conosce lockdown: ogni giorno e in pi ù occasioni mi viene naturale   pensare in siciliano , a volte mi viene anche spontaneo esprimermi in dialetto.  Mi ritrovo a fare esclamazioni tipiche di mio nonno con le mie bimbe, Velia e Viola, scatenando la loro curiosit à , cos ì loro provano a ripetere “ lu gattu avi la cuda ” , “ cutupiddi ” . Anche a lav

La fortuna di nascere a Bivona

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Ho avuto la fortuna di nascere a Bivona, ed aver passato la mia infanzia e adolescenza a pane persiche e cultura, proprio quello che si può descrive benissimo cosi…: ”di quando a Bivona il poeta Cesare Sermenghi, comunista soave, con una straordinaria indifferenza verso le lusinghe del potere, raccontava della possibilità di coniugare politica, verità e, perché no, anche poesia ”.  Si, la figura di Cesare Sermenghi, amico e compagno di mio zio, lo scultore Carmelo Cammarata, essendo vicini di casa, fra un bicchiere di vino, una scultura, una poesia e a volte anche la compagnia dell’amico Renato (Guttuso) che arrivava da Palermo, era proprio un quadro di veri luminari , che noi bimbi, ascoltandoli con la classica bocca aperta, rimanevamo abbagliati da quelle parole grandissime e affascinanti.  Bivona, quel paese che mi ha cullato e cresciuto nel tempo che volava via. Tanti erano gli impegni e le cose da fare che non vedevi l’ora di alzarti, incontrare i tuoi amici, giocar

Profondo Sud

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E tra tutte le strade possibili, sono finita - con frequenza insolita da quando vivo fuori - nuovamente - nella casetta avita di fronte l’Africa, o un po’ più in su - ancora qualche notte con le valigie ai piedi del letto e l’ineluttabile sensazione di sgomento che ti assale quando varchi la soglia di casa dove sei nata - quella sensazione per cui tutto cambia fuori, nel mondo vero, ma non in quella cittadina, Bivona, profonda di notte e invadente di giorno . Valigie ai piedi del letto e la gradevole, perduta sensazione di potere dormire fino a tardi la mattina dopo - passare la nottata a rovistare vecchi diari , i cassetti sputano lettere e foto - sui dischi che ascoltavo da adolescente si stagliano orgogliosi due centimetri di polvere - sui libri che contornano la metratura della stanza si afflosciano vecchissimi peluche, regali accumulati in anni di sogni luminosi. Il letto si è fatto troppo piccolo, mi dico sorridendo mentre accartoccio le gambe e scelgo cosa rileggere pr

Dolce e Amara

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“ Sciauru di odio e fetu d’amuri ”: così io e altre due ragazze bivonesi, Elena e Chiara, abbiamo deciso di intitolare il nostro primo inedito. Due ossimori che solo noi siciliani possiamo comprendere appieno. Solo chi ha nel sangue la Sicilianitudine, la Bivonesitudine , può capire il significato di queste poche parole. Sciauru non è odore, non è profumo. È forse una sensazione troppo profonda da poter spiegare. È come “l’emozione” di varcare la soglia della casa di nonna e sentire dentro un’esplosione di farfalle che agitandosi nello stomaco non vedono l’ora di gustare qualsiasi cosa frigga in padella (perché qualcosa frigge sempre). È una parola impregnata d’amore, di felicità, serenità, famiglia e chissà cos'altro. E solo chi vive o ha vissuto la Sicilia può capire che fetu non è semplice puzza, non è un odoraccio, ma qualcosa di putrido o di marcio. Sciauru di odio e fetu d’amuri non sono parole messe a caso, sono l’essenza della mia “ contraddittoria Sicilia ”.