Ai Lov Dis Gheim


Quale è la prima cosa che mi viene in mente ogni volta che torno a Bivona? Il gioco del calcio ai tempi della scuola elementare e media. Come mai proprio questo ricordo? Perché la prima cosa che vedo arrivando nei pressi di casa mia sono “li firriati” che delimitano il negozio di Sergio e Castellano, ancora distrutte dopo 25 anni. Devo dire che ho contribuito parecchio a tale opera d’arte, ma ero in splendida compagnia. Una compagnia composta da 20/30 “vandali” (tassativamente sotto i 13 anni) che provenienti da tutte le zone di Bivona si sfidavano in un 2-contro-2 o 3-contro-3 in base al campo di gioco. La scelta del campo non dipendeva dal numero di calciatori presenti ma dalla sua praticabilità, caratteristica che variava in base a “li cati d’acqua” che volavano dai primi piani dei palazzi sovrastanti o dalle minacce di chi vi abitava: “si scinnu ti tagliu Lu palluni”. 

I mondiali di calcio iniziavano alle ore 14 di un qualsiasi giorno estivo, in via porta Palermo 86, quando dal sotto passo dello stadio sbucavi nel primo tempio del calcio: Lu negozio di Sergio (ai tempi non ancora di Stella). Sfide infinite, intense, emozionanti. Un 2-contro-2 di rara bellezza, con tanto di arbitro, il signor M.Cavallaro dalla selezione di Canfuto. Ma la gioia durava tutto sommato poco, una mezz'oretta, forse un’oretta al massimo, per due semplici motivi: motivo-1) (validissimo) all'ennesima “nchiummazzata a la saracinesca” dalla finestra del primo piano una mamma (con tutta la ragione di questo mondo) ci intimava di andarcene. Ma non si poteva interrompere un’emozione cosi forte. La partita doveva pur arrivare al termine. E allora, il tempo di vedere la finestra richiudersi, e vai di “natra nchiummazzata”. E vai, pertanto, di secondo richiamo, ma sta volta con “una catata d’acqua”. Inevitabilmente, triplice fischio, campo impraticabile e Arriedecci; motivo-2) (Ca’ ni faciva ncazzare assai), dei bimbi, na 5ina per l’esattezza, di età compresa dai 3 ai 5 anni, dovevano giocare, pensate un po’, proprio là, al gioco più stupido, deprimente, balordo ecc ecc del mondo, ...tenetevi forte, al “LUPO MANGIA FRUTTA”! AHHHHHH buon Dio, fermaci!!! Avissimu ammazzato lu lupo cu tutti li frutti, ma irrimediabilmente eravamo costretti ad andarcene. Nel primo caso si andava via dopo aver tirato qualche nchiummazzati a sfregio a la saracinesca. Nel secondo caso invece si andava via dopo aver tirato qualche accidentale nchiummazzata in qualsiasi parte bassa del corpo dei temibili fruttariani.

Dovevamo fare poca, anzi, pochissima strada per arrivare al secondo stadio. Un rettangolo di gioco adatto per un 3-contro-3 di rara enfasi: Signori e signore benvenuti “ni Castellano”. Li la gioia durava ancora meno. 5 saracinesche che generavano un frastuono degno del miglior carnevale bivonese. 3 minuti di partita e il signor Franco “gentilmente” ci invitava ad andarcene a “scassari la m….. a quarche atra banna”.
Ma i duri non mollano. Non hanno paura. Atra nchiummazzata (sempre a sfregio) e viaaaaaaa al terzo Stadio. Un altro rettangolo di Gioco di infinita lunghezza: benvenuti “a Lu tabacchino Franciamuri”. Campo degno di uno spettacolare 4-contro-4. Ma ogni percorso ha un ostacolo. Tale ostacolo si chiamava tappezzeria cannella. Praticamente sulla testa del signor Tanino rimbombavano talmente tante pallunate ca’ pariva lu Giappone sutta bombardamenti. Ok ok abbiamo capito, dobbiamo andarcene anche da lì. Va bene. 

Pochi passi e si entra nel quarto stadio, paragonabile per pericolo ad uno stadio argentino: ecco a voi “la ragioneria”. Stadio fornito non da uno bensì da due campi. Lo stadio più pericoloso d’Italia. Da un lato la paura di mandare il pallone nella tenuta Cacciatore controllata da due splendidi cani grossi quanto un tirannosauro Rex. Dall'altro lato il signor Nino pronto a tagliare il pallone mancu fussi na torta. Ma noi impavidi sfidavamo la sorte, ma o per un pericolo o per un altro, le sfide duravano non più di 7 minuti.
Nessun problema. Bastava attraversare la strada ed arrivare al quinto stadio. Un campo al chiuso: “lu palazzo arancione”. Caratteristica principale era la porta blu disegnata su un muro adatta per giocare a porta Romana, e lì “li nchiummazzati erano veramente assai”. Tutto sommato si poteva giocare tranquillamente. Poche volte siamo stati cacciati via. 

Ma il tutto finiva con il non plus ultra dei campi. IL CAMPO, L’ARENA. Un mix tra Colosseo e CampNou con tanto di illuminazione serale. Signori e signore, ladies and gentlemen, madame et Monsieur, rullo di tamburi: il sesto stadio “ni Antoniooooooooo Montalbanooooooooo”. Pregherei i lettori di alzarsi in piedi e fare un applauso! Tutti su, forza!
Mattonelle rossoarancio, inferriata nera e 3 lampioni ognuno con 3 bocce di vetro per l’illuminazione serale. Il tutto circondato dal verde degli alberi. Tribuna vip al secondo anello e tribuna centrale nel primo anello. Lì ti sentivi un vero calciatore. Li si giocavano le partite importanti: la Champions League. Ogni tanto qualche “palla di vitru” si rumpiva ma era come un fumogeno buttato in campo, ...faciva scena.

La giornata volgeva al termine. E tra cati d’acqua e minacce,  era ora di tornare a casa. 6 ore di calcio e non sentire la fatica. In forma per ripetere il tutto l’indomani e l’indomani ancora e l’indomani ancora. Ma una cosa ti faceva capire che era ora di cena, e non mi riferisco a orologi (che non portavo) o cellulari(che ancora non avevamo) o pitittu, ma parlo della voce soave di mamma che dalla finestra di casa intonava il cantico dei cantici: “salvatoreeeeeeeeeeeeee, prontoooooooo èèèèèèèèèèè,  arricampatiiiiiiiiii”.

Ma attenzione! La giornata, dopo cena, spesso si prolungava. Alle ore 21 iniziava la mitica insostituibile fantastica e stancante “MUFFA 21”. Non esiste gioco più faticoso di quello. Praticamente chi aveva il pallone era il numero 1 e doveva colpire un partecipante che diventava il numero due e così via fino al numero 20. Si iniziava in via porta Palermo 86 e si finiva a volte in provincia di Messina! Tutto sommato fino al numero20 c’era una certa tranquillità ma dal 20 al 21 la partita diventava una Guerra. Il fortunato possessore del pallone numero 20 si trasformava in Rocky Balboa vs Ivan Drago, in Rambo contro i sovietici, in pratica un soldato in Guerra… e prendeva di mira il povero sfortunato che era costretto a correre tipo forest gump. Doveva correre senza voltarsi. Correre e basta. Più che altro, se fosse stato colpito, avrebbe dovuto pagare pegno in quanto 21esimo: pidati a mai finire. Si giocava per un oretta che sembravano il lasso di tempo più lungo di tutti.

Può bastare? Noooooooo.
La serata finiva con l’indimenticabile “ammucciareddro”. Si cuntava nel muro tra Sergio e Lu dutture LoVullo. Si contava almeno fino a 100, e poi viaaaaaaa…. “a cu viu viuuuuuuu”. Picció, alcune volte ni tuccà chiamare “chi l’ha visto” talmente s'ammucciavano bene li picciotti. Qualche vastasu si iva pure a curcari e quindi n'aviamu di circari!!! Il gioco finiva pi la stanchizza non per il ritrovamento di Tutti.
Erano le 22e30. Tutti a casa. Ni videmmo dumani, a li 9 picció, a li cannulicchi. Buona notte.

Ripenso a quegli anni spesso e volentieri. Anni di rara bellezza degni di invidia. Altro che vivere in città. Anzi i cittadini venivano a Bivona. Una meraviglia. Ripenso una Bivona piena di vita, ad una Bivona centro del mondo,  che aveva tutto, che non ti faceva mancare niente e che ti lasciava libero di fare tutto. Sono passati 25 anni e spesso con gli amici di sempre ti ritrovi nelle solite, noiose e monotone serate estive a raccontare aneddoti del passato e magicamente si fanno li 5 di Matina ed è ora di lu Cornetto.

Un abbraccio picció.

Salvatore Benasio

Commenti

  1. Salvatore hai dimenticato qualche passaggio:
    La carambola col muro che facava di picozzi campioni eccezionali; a corpi di testa, quando si era manu e manu, le regole per arricogliri li palluna, l'odio dei batioti e di quelli di piazza castello per noi pariolini, o iocu o sconzu ioco dei prepotenti, i misteri femminili della galleria, Lu zuppareddu come gioco preferito dalle manme perché silenzioso; la sgummata più lunghe con le biciclette nei piazzali e il dominio incontrastato di Antonello Biancorosso... E tanto altro, comprese le leggende che giravano su esseri spettrali che vivevano sulle fondamenta della palestra della scuola media allora in costruzione ( luogo, dove si spiavano le schiniate dei più grandi e dove sperimentavamo l'onanismo di gruppo.

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    1. Grande Salvo. Bellissimo commento. Tra l'altro l'associazione PortaPalermo-Parioli è geniale. Lu zuppareddru, la palestra ancora uno scheletro di cemento, la carambola, li corpi-di-testa, li sgummati, ecc...... a pensarci sembra ieri. Un abbraccio, Mauro Ben.

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