È il primo giorno di un nuovo anno scolastico. Come tutti i docenti precari, mi presento a scuola di buon mattino per prendere servizio. Dopo aver firmato una serie di scartoffie, balsamo per l’anima dei burocrati, vengo accompagnato in classe per conoscere i miei nuovi alunni. Nessuna certezza all'orizzonte: nuova scuola, nuova classe, nuovi alunni, nuovi bidelli. Un nuovo anno da precario , ma lo spirito è sempre quello: dare il meglio di sé. Al mio ingresso in aula, il solito brusio di sottofondo. «Sarà lui il nuovo prof di Italiano?» «Ma che dite? Lui sarà il nuovo prof di Matematica. Glielo si legge in faccia.» «Ma l’anno scorso abbiamo fatto Matematica e Italiano?». Accompagnato da questo brusio, vado verso la cattedra, poggio il mio portadocumenti e mi posiziono in un punto dell’aula dove possano vedermi e sentirmi tutti. Il silenzio è calato. Devo dire qualcosa. La prima frase è quella più importante. Come il primo album definisce il rapporto tra l’artista e il su...
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