Rotolando verso Sud


Siamo giunti al 2 maggio, tante cose ad oggi sono cambiate, tante troppe auto-dichiarazioni e quasi tutte le nostre vecchie abitudini. 

Sono Felice Pendola e con il 2020 sono 4 gli anni che vivo lontano dalla Sicilia, da quando ho deciso di completare i miei studi universitari in terra Lombarda. 

All'inizio non è stato facile. Lasciare la propria terra, famiglia e affetti non sarà e non potrà mai essere semplice. Tuttavia, la spensieratezza della vita da studente aiuta e Milano non è poi la città peggiore in cui andare a vivere. 
Lo studente tipo che si trasferisce a Milano resta abbagliato dalla bellezza di questa grandissima città, dove tutti corrono con il solo intento di fatturare. Da studente il tempo è tuo: si viaggia nei weekend, sushi, calcetto, concertino ai Magazzini, le cose da fare non mancano mai e per quanto squattrinati si è convinti di avere il mondo ai propri piedi e poi si può rientrare a casa, in qualsiasi momento, il tempo ti appartiene: aereo low cost da Bergamo alle 6 del mattino, trentordici semafori sulla Palermo – Agrigento e dopo poche ore sei a tavola con la tua famiglia a mangiare la ‘pasta-a-forno’ di mamma. 

Ovviamente questa visione cambia finita l’università. Si viene catapultati quasi senza preavviso nel mondo del lavoro, dove tutto non si risolve chiamando casa, dove te la devi smazzare da solo, dove si corre perché non c’è più tempo per assopirsi, dove tutti pretendono da te sempre il massimo, dove acquisti finalmente la consapevolezza che devi essere in grado di aiutarti da solo, perché nessuno verrà o potrà aiutarti. La visione del mondo muta, quasi radicalmente, quando si passa dall'essere uno studente che studia al nord all'essere un siciliano al nord. E il tempo non ti appartiene più come prima: a lavoro sei l’ultimo arrivato e le ferie che ti toccano sono sempre nei giorni più sfigati. ‘Scendere’ a casa non è più la normalità ma è un LUSSO. I trentordici semafori che ti devi fare all'andata e al ritorno cominciano a pesare, d'altronde quando va bene hai solo tre giorni di ferie. Poi però passa il tempo, nel bar sotto l’ufficio cominciano a chiamarti per nome e non ti chiedono più cosa prendi perché già lo sanno, e piano piano, passata la paura iniziale, ti accorgi che quella che all'inizio ti sembrava una “emigrazione di necessità” è in realtà una “emigrazione di volontà”. Piano piano acquisisci la consapevolezza che ti stai costruendo il tuo piccolo angolo di paradiso, che è vero che sei lontano centinaia di chilometri da “casa”, ma che a ben vedere non è poi così male, anzi. 

Il mio lavoro mi permette di girare molto, diverse città, diversi clienti, mi permette di relazionarmi con le più disparate tipologie di persone e grazie a ciò ho preso una nuova consapevolezza del nord. Si è soliti pensare che al nord siano tutti razzisti nei confronti dei “terroni”, che siano tutti dei piccoli “Vittorio Feltri", ma ormai è veramente un retaggio del passato, una leggenda, come che a Milano c’è la nebbia (mai vista in 4 anni). Girare così tanto per gli uffici mi ha aperto gli occhi e soprattutto mi ha fatto capire una cosa fondamentale: “al nord ci sono solo terroni”. I veri milanesi, quelli il cui antenato ha preso parte alle cinque giornate di Milano, sono veramente pochi. Penso di averne incontrato sì e no una decina nei miei primi 4 anni da milanese, ed erano pure tutti simpatici. In ogni caso non mi è mai piaciuto giudicare le persone secondo delle “categorie”, secondo delle “etichette”. 
Così, passando da un cliente ad un altro, al pronunciare due sole parole con il mio accento vagamente ‘trentino’ (che non riesco a capire come si “sicilianizzi”, con orgoglio, giorno per giorno sempre di più) infinite volte vengo subito interrotto dalla domanda: “Ma tu sei Siciliano?”, e alla mia risposta: “si sente poco vero?” altrettante infinite volte mi sento rispondere “insomma, vagamente, ma non ti preoccupare anche io lo sono”. Ovunque vada, qualsiasi posto giri, trovo sempre un siciliano davanti me. 

Ma se tutti questi stimati ed iper specializzati professionisti del sud sono al nord un motivo ci sarà? Il motivo non può essere solo che al nord è più facile, ovviamente in una grande città la richiesta di capitale umano è più ampia, ma anche giù ci sono grandi città, allora perché? Perché non si ha la possibilità di restare, perché le grandi multinazionali o in generale le imprese hanno tutte sedi “SU” piuttosto che “GIU”? Perché da vent'anni a questa parte si parla di un rilancio del sud tramite il turismo e non si pensa mai a fare qualcosa che possa far sì che questo immenso capitale umano possa ritornare a CASA? Le mie domande restano spesso lettera morta, perché le risposte sono sfiancanti. Si dice sempre che il problema sono le strade o in generale la mancanza di infrastrutture, che la colpa sia di ROMA, del Governo, che al sud che non ci pensa mai. Ma sarà proprio sempre così? Se il primo posto per le “opere incompiute” nel 2018 spetta alla nostra regione la colpa è sempre e solo degli “altri”? Così la mia Bivonesitudine è amarezza. Amarezza nel pensare al bene che potrebbero fare tutti questi figli della Sicilia, tutto questo capitale umano che perdiamo e che è costretto ad andarsene e dare la propria “ricchezza” al NORD, se solo avesse la “possibilità” di poter lavorare e operare nella propria terra. La mia amarezza aumenta quando penso che a queste domande forse si dà poca attenzione, che si dà sempre tanta importanza al presente e poca al futuro. Quante volte vi è capitato di sentire la parola “programmazione”? E così si continua sempre ad inseguire, ad essere in ritardo, e intanto giorno dopo giorno continuiamo a perdere parte di questo prezioso capitale umano, fatto di madri, padri, figli, zii, nipoti, il cuore delle nostre comunità, e chi resta, chi resiste è sempre più un eroe al pari di chi parte. 

Poi ripenso al mio percorso. Ciò che sono naturalmente lo devo principalmente a i miei genitori, ma quello che sono lo devo anche al posto dove sono cresciuto, alle persone, ai luoghi e ai profumi della mia Bivona. La mia Bivonesitudine è quindi anche gratitudine. Gratitudine perché parte di quello che sono lo devo alla terra in cui sono nato e cresciuto perché alla fine essere terroni e Bivonesi ti dà una carica in più che gli altri non hanno. Perché non esiste posto migliore dove crescere, perché sai che passeranno gli anni, passeranno i giorni ma gli amici di una vita ti aspetteranno sempre là seduti sui gradini di lu chiano, la nostra Piazza di Spagna. 

Se siete arrivati a leggere fino a questo punto vi starete sicuramente chiedendo, “ma perché rotolando verso sud?”. Perché all'inizio la canzone dei Negrita fa così: 

Ogni nome è un uomo 
Ed ogni uomo è solo quello che 
Scoprirà inseguendo le distanze dentro sé 
Quante deviazioni, quali direzioni e quali no? 
Prima di restare in equilibrio per un po’” 

Mettersi in gioco, uscire dalla propria zona di confort aiuta a crescere, a “inseguire le distanze dentro sé”, a scoprirsi e riscoprirsi. Il mondo non comincia alla Diga e non finisce a “Curva Granni”! e va ‘srotolato’, e non c’è suono più affascinante se non quello di scoprire di essere in grado di far cose che non pensavi o forse nemmeno immaginavi di essere in grado di fare. Siamo figli del mondo e non bisogna avere paura di ciò, poi se hai dalla tua la parte la Bivonesitudine stai sicuro che non potrai perdere.
Felice Pendola

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