Dolce e Amara
“Sciauru di odio e fetu d’amuri”: così io e altre due ragazze bivonesi, Elena e Chiara, abbiamo deciso di intitolare il nostro primo inedito. Due ossimori che solo noi siciliani possiamo comprendere appieno. Solo chi ha nel sangue la Sicilianitudine, la Bivonesitudine, può capire il significato di queste poche parole.
Sciauru non è odore, non è profumo. È forse una sensazione troppo profonda da poter spiegare. È come “l’emozione” di varcare la soglia della casa di nonna e sentire dentro un’esplosione di farfalle che agitandosi nello stomaco non vedono l’ora di gustare qualsiasi cosa frigga in padella (perché qualcosa frigge sempre). È una parola impregnata d’amore, di felicità, serenità, famiglia e chissà cos'altro.
E solo chi vive o ha vissuto la Sicilia può capire che fetu non è semplice puzza, non è un odoraccio, ma qualcosa di putrido o di marcio.
Sciauru di odio e fetu d’amuri non sono parole messe a caso, sono l’essenza della mia “contraddittoria Sicilia”. È la terra di Totò Riina, di chi la Sicilia la “vuole male”, ma è anche la terra di Alfonso Sabella, di Ignazio Cutrò! Bivonesi come me! La Sicilia è l’Amaro, ma anche il Dolce! Bellezza e degrado; Felicità e tristezza. La mia Amata è tutto…
Mi è stato chiesto cosa si prova a non aver lasciato Bivona, cosa si prova ad essere i guardiani dello scoglio e come si guarda al mare aperto. Ho solo 21 anni e non so cosa il futuro abbia in serbo per me. Ma la mia voglia di vivere la Sicilia non mi abbandona. Non lo ha mai fatto.
Se avessi ascoltato i consigli di mia madre, che per me ha sempre voluto il meglio e che come tanti genitori non vedeva nella Sicilia il mio futuro, io oggi scriverei da Roma, sola come tanti a consolare i miei bivonesi che tutto andrà per il meglio in questo periodo di “lacrime e preghiere”.
Invece no, scrivo da casa mia, Bivona. Frequentare una prestigiosa università nella capitale è allettante, per molti un’occasione da non perdere. Ma ho avuto paura. Paura che quella scelta mi avrebbe allontanata per sempre dal piccolo paese di montagna che da offrire, ormai, ha solo l’amore dei propri cari. Ognuno di noi è portato a fare delle scelte, a valutare per bene cosa sia meglio per il proprio futuro. Io ho avuto la fortuna di poter scegliere. Una fortuna, purtroppo, limitata a pochi. Mi sono posta domande semplici, banali anche, ma che tirassero fuori i miei sentimenti. Vi starete chiedendo come i sentimenti possano aiutare una diciottenne confusa a capire cosa fare. Beh, quando si ha la fortuna di poter scegliere, ascoltare i sentimenti è sempre la cosa migliore. Scavando dentro mi resi conto che forse andare, partire, non era adatto a me.
Perché andare dove già tutto funziona, dove tutto è “perfetto” se ho realmente la possibilità di scegliere, restare e migliorare la mia Sicilia? In tanti hanno provato a spiegare cosa fosse il destino, ma in pochi sono riusciti a darmi la consapevolezza che il destino siamo noi a scriverlo.
Sono credente e sono più che convinta che Dio abbia un disegno per tutti, ma nulla è deciso. Ci lascia liberi di agire, di pensare, di sbagliare. I miei sentimenti mi hanno portata, anzi “lasciata” qui. È forse stupido pensare di poter cambiare la terra che si ama? Beh, stupido no, ma difficile si!
È difficile a soli 21 anni accettare lo spopolamento del paesello. I miei coetanei, ormai, sono quasi tutti via.
“Ristammu quattru gatti!” "Bivona è morta!”: sono cresciuta così! Con la critica di un gruppo di ragazzi che per carnevale cercava di aprire gli occhi alla gente o, magari, solo spiattellare in faccia a tutti la verità. Non posso dimenticare quella banda musicale di pochi picciotti che accompagnava una bara e dentro … c’era Bivona. Un funerale del tutto singolare. Ero piccola e la cosa mi rimase impressa. Come poteva morire Bivona se io ero lì a viverla? Come poteva morire un paese, per me centro del mondo? Fu difficile da metabolizzare e solo crescendo mi resi conto che il “mio centro” non era più accogliente per molti, non dava lavoro, non dava speranza, non garantiva un futuro. Mi resi conto che la mia Amata era tutto, ma anche niente. Fu allora che capii ciò che volevo. Dovevo essere io a cambiare questa terra amara, o almeno dovevo provarci.
Consapevole che il mio contributo non avrebbe di certo reso la Sicilia “perfetta” per tutti, decisi che almeno dovevo provare a renderla “perfetta” per me.
Ma sia chiaro: il mio non è coraggio! O, quantomeno, non ho più coraggio di chi parte. Come posso io avere la pretesa di dire che il mio amore per la Sicilia sia più forte di quello di chi, per bisogno, o anche solo per provare altro, parte?
Il mio attaccamento allo scoglio non è più potente di altri. Ognuno ha un suo modo di vivere la Sicilia, di vivere Bivona, di vivere il Mondo. Chi sono io per giudicare chi prende il largo?
Ho solo 21 anni e domani a Milano, Bogotà, Parma, potrei esserci io, per lavoro, studio… La mia voglia di cambiare questa piccola, ma grande terra dovrà fare i conti con la vita.
Ma di un cosa sono certa: “…in questa lotta, in questa terra abbandonata, siamo due, siamo mille, semu centu…”! È così che recita la nostra canzone! Perché sono più che convinta che chi parte, chi va via non smette di lottare per questa isola. Siamo in mille e anche di più a sperare che la nostra Sicilia possa tornare a splendere. La Sicilia pullula di cultura, di bellezze, di meraviglie naturali, di tradizioni. Siamo ricchi, ma incredibilmente poveri.
La contraddittorietà di questa isola non ha eguali e non ha fatto sconti alla mia Bivona. Un paese, anzi Città, che mai smetterò di amare. Le sue meraviglie sono nascoste, diroccate, abbandonate, distrutte, rimpiazzate. E quasi mi vergogno a dire che Bivona devo ancora scoprirla! Le nostre viuzze, le xanee sono tutte intrise di storia. Il solo pensiero di avere avuto un castello in pieno centro mi eccita. Mi fa sentire “speciale”. Il fatto di averlo perso per sempre mi terrorizza.
Abbiamo lasciato sprofondare una parte di noi! Difficile da accettare.
Come ho accennato, da piccola ero convinta che il mondo “iniziasse e finisse qui”. Mi chiedevo se non fosse normale pensarlo dato che Bivona è al centro della Sicilia, la Sicilia è al centro del Mediterraneo, e il Mediterraneo è posto al centro del planisfero. Coincidenze? La bambina che ero era più che convinta che non lo fossero, era semplicemente logico pensarlo.
Con gli anni, però, mi accorsi che le bellezze che si nascondono nni l’agnuna del mondo non avevano fine. Scoprire che Bivona non era la Città più bella del pianeta fu una bella batosta. Il mondo è pieno di meraviglie, come negarlo. Ho viaggiato in lungo e in largo, ho visitato posti che avevo studiato sui libri, cose che non pensavo esistessero. La mia sete di conoscenza mi ha regalato esperienze indimenticabili. E mai lascerò scappare via questa mia voglia di scoprire il mondo.
Ma qualsiasi posto, per quanto maestoso, non è Casa. Oserei dire: non è abbastanza! Quindi si. Per me Bivona è il centro del mondo. Ma badate a pensare che io abbia i paraocchi. Affatto. Bivona è il centro del mondo, e sempre lo sarà, perché è qui che sto vivendo la mia felicità.
Consapevole di aver scelto di mettere radici nella terra dei contrari, vivo, curiosa di scoprire cosa mi aspetta, avendo sempre chiaro il mio obiettivo: cambiare questa terra. Tento di farlo quotidianamente e il mio contributo potrà anche essere piccolo, ma “tante piccole persone che fanno tante piccole cose in tanti piccoli posti, possono cambiare il mondo”.
Non penso di essere la persona più adatta a dare consigli, ma una cosa sento di dirla: fate, date agli altri, migliorate voi stessi e ciò che vi circonda, che sia la Sicilia o qualsiasi altro posto in questo mondo. Se la vostra scelta vi ha allontanati dall'isola, che siano stati i vostri sentimenti o che sia stata necessità, date.
Ho dunque tentato, forse divagando troppo, di scavare nel profondo per capire cosa significhi per me Bivonesitudine. Penso che in quella bara, durante quel carnevale, non ci fosse realmente Bivona. Perché la vita mi ha insegnato che si muore solo se si viene dimenticati. Bivona non morirà, o almeno non dentro di me! Non dentro tutti coloro, vicini o lontani, che continuano ad amarla.
Carlotta Traina
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