Racconto
prima di iniziare il racconto che mi lega a Bivona, mi presento perché in molti non mi conoscono. Sono Veneranda e ormai da più di 30 anni vivo al Nord, precisamente tra la provincia di Pavia e quella di Milano.
Sono la niputi
di chiddu di li bombuli, lu zu Pippineddru Cosenza.
Da più di 15 anni sono un’ostetrica, lavoro in un
ospedale di Milano e facennu nasciri addrevi
ogni jornu il caro Covid non mi ha lasciata in quarantena, ma, anzi più che
mai in corsia, precisamente nelle sale parto con indosso tutti i dispositivi di
protezione.
Il pensiero di Bivona e della mia bivonesitudine non conosce lockdown: ogni giorno e in più occasioni mi viene naturale pensare in siciliano, a volte mi viene anche spontaneo esprimermi in dialetto. Mi ritrovo a fare esclamazioni tipiche di mio nonno con le mie bimbe, Velia e Viola, scatenando la loro curiosità, così loro provano a ripetere “lu gattu avi la cuda”, “cutupiddi”. Anche a lavoro, avendo colleghe siciliane, capita nel cuore di una lunga notte di guardia, ci si ritrovi a raccontare aneddoti, a ricordare usanze e tradizioni rigorosamente in siciliano!
Tanti pensieri mi legano e riportano a Bivona, e l’assenza incolmabile di mio nonno mi ha quasi resa gelosa di questi ricordi. Negli anni ho sempre provato un insieme di sensazioni: dalla voglia di scinniri a lu paisi , di rivedere la parte della mia famiglia che vive a Bivona a cui sono molto legata, ai sapori di cibi che solo la terra bivunisi ti sa regalare...li persica appena cugliuti, lu gelatu cu la brioscia cioccolatu e nocciola di lu bar Bonanno. Ricordo con gioia la sagra della pesca o la fera di Santa Rosalia per le tradizioni del paese e per i giocattoli che mio nonno mi comprava.
Ripenso ai tanti giri cu la lampretta con mio nonno, alle volte in cui accompagnavo i miei zii, Andrea e Lorenzo, a portare la bombola. E poi ancora a mia nonna, la signora Lia, che mi ha insegnato a ricamare, a fare l’uncinetto, a cucire…a essiri lagnusa ma nu buttuni l’ha sapiri mettiri…mi ha tramandato tante ricette e anche segreti in cucina, ma tuttora non riesco a cucinare come lei.
E chi si dimentica la pizza nti
Sireci, lu pani di lu furnu di la Za Funzina, lu
cinema Sardella soprattutto per una festa di carnevale, lu tumazzu
appena fattu da me cuscina Sasa, l’abbrivatura
di li Ferri….e tanto altro ancora.
C'è oggi la consapevolezza di esser ormai fuori dai giri, di sentirsi un po’ lontana, e di non riuscire a scinniri. Oltre alla difficoltà nel raggiungere Bivona cu tutti di semafori ca mancu pigghiri a travagliari incontro che mi portano a tornare una volta all’anno.
Da quando sono diventata mamma ho sempre cercato di andare a trovare i nonni e gli zii per far vivere alle mie bimbe il loro affetto. Non vedono l’ora di andare a Bivona perché ci sono gli zii che le coccolano e fanno gli stessi giochi che facevano con me quando ero piccola, si può salire e scendere, giocare in strada a pallone, andare al supermercato senza avere la frenesia milanese...saremmo dovuti tornare a Bivona a fine aprile, ma il “brutto virus” non ci ha permesso di farlo…appena sarà possibile sicuramente troveremo il tempo di una scappata.
Cara Bivona resti sempre lu me paisi e sono fiera di esser ormai una milanese, bivonese nel cuore!
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